In memoria di Giovanni Badino

Non sono forse io un falso accordo nella divina sinfonia, grazie alla vorace Ironia che mi scuote e mi morde?

Charles Baudelaire

 

Ci sono uomini che attraversano le nostre vite con una leggerezza quasi impalpabile, con una velocità fulminea che a tratti riusciamo a percepire, ma che in quel momento riescono a dilatare l’attimo in un infinto presente.

Ci sono uomini la cui vita è un lampo, ma la luce di quel lampo ci abbaglia fino a restare impressa in noi, fino a diventare parte di noi. Ecco, Giovanni Badino, grande accademico e straordinario divulgatore, aveva e ha questa rara capacità.

Abbiamo avuto la fortuna di incontrarlo dapprima durante un’ intervista fatta con Radio RAI Scienza e poi di conoscerlo durante il Terzo Simposio Internazionale di Speleologia che la nostra Associazione ha organizzato a Villa Monastero a Varenna. Allegro, schietto, determinato, appassionato aveva partecipato non solo come relatore, ma anche come semplice innamorato di speleologia. Un amore dal sapore giovanile a cui contribuì lo stesso Salvatore dell’Oca, alla cui memoria era dedicato il Simposio, e che Badino ricordò con stima e nostalgia in un primo incontro avvenuto quando lui aveva appena 17 anni.

Appassionato accademico, di lui oggi tutti ricordano gli studi e le esplorazioni sulle grotte messicane che gli valsero l’attenzione del National Geographic, noi, invece lo ricordiamo per uno studio che, inspiegabilmente, viene derubricato a minore intitolato “La scoperta dei mulini glaciali”. Studio, per noi profani, fondamentale perché, oltre alle straordinarie intuizioni, vi permette di conoscere una qualità assoluta ed intrinseca di Giovanni: saper guardare più lontano di tutti. Questo è uno studio, che di fatto dà il via ad una nuova branca della speleologia: la speleologia glaciale. E badate bene, oggi gli appassionati si dividono tra chi non ne conosce l’esistenza e tra chi non riesce a vederne un futuro come branca di studio ed esplorazione. Ancora una volta un passo avanti a tutti.

Doveroso il ricordo dell’accademico, ma assolutamente imprescindibile quello dell’uomo.

Lo ricordiamo splendido e attivissimo commensale alla cena finale del Simposio Internazionale in cui il suo riso tintinnava tra calici e portate e le sue parole secche e argute divoravano la serata, permettendoci di condividere la sua scienza e la sua cultura in un confronto dialettico sempre alto.

I suoi aneddoti, a cominciare dal suo periodo al Gran Sasso o negli Urali, assolutamente godibilissimi, che sarebbero stati di per sé uno straordinario libro su come certa ricerca scientifica viene fatta, misero in mostra non solo il suo cuore di appassionato, ma anche la sua ironia profonda.

Noi non siamo persone di forma, ma di sostanza. Per questo, in mezzo a tanti formali e uguali ricordi, a noi Giovanni mancherà veramente. Perché Giovanni è e sarà parte del nostro cuore.

Ovunque sia, sappiamo che riderà di questo piccolo ricordo e magari, fra sé, dirà: “Siete un branco di matti, ma mi mancherete anche voi”.

A rivederci Giovanni.